L’ascolto

La pratica dell’Ashtanga Yoga, ma anche dello yoga in generale, comporta molti aspetti psicologici facenti parte di quello che viene chiamato “corpo mentale”(Manomayakosha)necessario alla preparazione, esecuzione e completamento dell’asana.
Manas (mente) crea una rappresentazione mentale, un’immagine chiara, della posizione che andiamo ad eseguire.
Inserisce l’asana in una serie di posizioni o in un contesto di pratica, e ci indica qual’è l’obiettivo che dobbiamo ottenere e le relative difficoltà che incontreremo sulla base delle informazioni fornite dal nostro “corpo fisico”(Annamayakosha) e, attraverso il respiro, strumento del nostro “Corpo Energetico” (Pranomayakosha).
Iniziamo l’approccio alla postura e, combinando il movimento col respiro, entriamo in posizione cercando di “ricordare” quanto appreso precedentemente e di curare gli allineamenti, cosi come indicatoci dal nostro Manomayakosha!
Siamo nella posizione e seguiamo il nostro respiro verificandone il suono e la sorgente (naso, gola, glottide?).
Nel rimanere in posizione e ascoltando il respiro, i nostri sensi si ritirano verso l’interno (Pratyahara) e la nostra attenzione si trasforma in una forma di concentrazione, attivando il nostro “corpo psichico” (Vijnanamayakosha) o corpo causale, ed entrando in una sorta di distacco dall’esterno per concentrarci sempre di più sul nostro respiro e sui messaggi che il nostro corpo fisico ,Annamayakosha, ci sta trasmettendo.
In un momento potremmo essere in una sorta di meditazione, ma ecco che percepiamo un dolore sopportabile, una sensazione di disagio che ci viene trasmessa dal nostro Corpo Mentale (Manomayakosha)!
Siamo di fronte a quello che lo yoga chiama Samskara, l’impedimento, il blocco fisico o mentale, oppure il dolore!
Siamo in un momento critico!
Il messaggio inviato dal Corpo Fisico (Annamayakosha) viene recepito dal Corpo Mentale, che provvede a inviare una risposta immediata (fermati!) oppure meno drammatica, richiedendo un esame di cosa è stato sbagliato nell’esecuzione, o di quale ne sia la gravità per il corpo.
Questo aspetto della pratica è probabilmente quello che ci fa maturare nella pratica, in quanto ci forza a ripensare alle nostre azioni e a prendere atto delle difficoltà nell’esecuzione!
Il Maestro Iyengar era solito dire “put intelligence in your body”, convalidando ciò che sto dicendo.
Immaginiamo che la posizione incriminata sia il Marichyasana D, croce e delizia di tanti praticanti, e che ci abbia dato difficoltà nel praticarla!
Ci sono molte importanti parti anatomiche che entrano in gioco: caviglia, ginocchio, anca, diaframma, ecc. e non possiamo permetterci di fare male a nessuna di esse!
Ritornando al nostro percorso, qui siamo a un punto di veloce riflessione e dobbiamo decidere se abbandonare la postura o variare qualcosa.
Il nostro respiro si è fatto corto e sentiamo il diaframma parzialmente bloccato!
Che fare? Sconforto? Depressione? Desiderio di saltare questa posizione e tanti altri pensieri?
Ma questo è proprio il momento di evitare il panico e di non perdere la nostra consapevolezza e la nostra positività (Vijnanamsyakosha):
il corpo chiede alla mente un suggerimento sul da farsi e la mente ci richiama alla consapevolezza di noi utlizzando il respiro.
Il nostra diaframma è parziamente bloccato e ci impedisce di respirare bene.
Ma ecco una soluzione intuitiva: respirare con la schiena ed espandere le costole fluttuanti per ricominciare a respirare decentemente!
L’Annamaya, il Pranomaya, il Manomaya e infine il Vijnanamayakosha hanno lavorato in sinergia e risolto il problema! Ecco cosa significa mettere la nostra “intelligenza” nel nostro corpo!
Il Samskara è quindi un fattore essenziale nella pratica! Chi non ha trovato difficoltà alcuna nel praticare? E vi accorgete che la soluzione che avete utilizzato in questo frangente la potrete far diventare una conoscenza da trasmettere a vostra volta ai vostri allievi, diventando cosi degli insegnanti migliori?
Quindi abbiamo accennato alla teoria dei 5 Corpi (Pancha Kosha) riportata nelle Upanishad, dove il 5o Corpo è rappresentato dal Corpo (kosha) fatto di (maya) Beatitudine (ananda)(AnandaMayakosha), fonte dell’espansione della coscienza chiamata anche “samadhi”, il raggiungimento del culmine dell’esperienza yogica!
E siamo partiti solo da una postura!
Cosa ci insegna questo mio intervento? Che noi non siamo solo un corpo, una mente o una psiche distaccate l’una dall’altra, ma che formiamo un unicum di 5 condizioni dell’essere (na: kosha indica uno strato, un contenitore vuoto, una copertura che avvolge il nostro Jivatman) che iter agiscono tra loro attraverso lo strumento regale del respiro! Il respiro mette in comunicazione tra loro i 5 Corpi in un continuo flusso informativo assicurandone la perfetta funzionalità, in un ottica finale di raggiungimento della meta ultima dello Yoga chiamata Samadhi o Enstasi (termine coniato da Mircea Eliade), il culmine dell’autorealizzazione!
Non dimentichiamo che tutto il lavoro che si svolge a livello dei chakra, delle Nadi e di Kundalini, avviene nell’ambito del Corpo Energetico e diventa fondamentale per il nostro sviluppo globale. E in questo processo diventano fondamentali i Pancha Vayu (5 prana) di cui parleremo in seguito.


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Cosa portare
  • Tappetino per la pratica
  • Asciugamano
  • Eventuale piccolo cuscino per sedervi
  • Materiale per prendere appunti
Orari
  • Mattina: 09.30-12.30
  • Pausa pranzo: 12.30-13.30
  • Pomeriggio: 13.30-16.30
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